Il senso della vita. L’autoaffermazione.
di Giorgio Marchese  ( direttore@lastradaweb.it )

9 novembre 2013






Cosa c'è, oltre l'orizzonte percepito?


 

A spasso, verso un futuro migliore

Questo articolo rappresenta una pietra miliare della produzione scientifico - culturale proposta da questo Magazine. Pubblicato il 9 febbraio 2003 non avrebbe avuto, in verità, bisogno di aggiustamenti. Per celebrare i suoi dieci anni di permanenza in rete ( e di alto gradimento), però, si è cercato di migliorarlo un po’. Per quel che si è potuto!

L’importanza di intendersi sul concetto di autoaffermazione, risiede nel fatto che non tutti hanno chiaro il suo reale significato. Ad esempio, il dizionario della lingua Italiana dell’Istituto Treccani la descrive come "Tendenza, propria delle personalità bisognose di esser valorizzate, che spinge ad affermarsi e a imporsi sugli altri, a ogni livello e con perentorietà variabile".

Ora, siccome puntare tutto sull’autostima significa esporsi al rischio di correre, nella "scalata esistenziale" come un cavallo da Gran Premio costretto a vedere il mondo coi paraocchi, è proprio necessario individuare un punto valoriale capace di farci soffermare, in maniera stabile ed equilibrata sul senso delle cose che facciamo.

Cercando sul dizionario etimologico, si scopre che attingendo al Latino e al Greco, si può aggiungere alla particella "ad" (andare verso qualcosa, con uno scopo...), il verbo "firmare" (render fermo, stabile) e il pronome "autòs ( se stesso) e abbiamo, così, che l’autoaffermazione, consente di "indicare qualcosa di stabile che riguarda se stessi".

Una sorta di guida esistenziale, per non smarrirsi nel bosco delle inutilità, insomma! .

Daniel Keyes, in "fiori per Algernon", descrive un oligofrenico (ritardato mentale dalla nascita) che, grazie ad una particolare terapia, sviluppa delle capacità mentali eccezionali. Questo stato di grazia, però, dura pochissimo...lentamente, inesorabilmente, riappare la demenza costringendo quest’uomo ad assistere impotente al suo declino.

Anche Oliver Sacks in "Risvegli" tocca corde malinconiche e tristi descrivendo la storia (vera) di persone che, colpite in giovane età da encefalite letargica, vivono per anni in uno stato di coma vegetativo fino a quando un neurologo, indomito idealista, non scopre che un composto chimico a base di Dopamina, le avrebbe "ridate alla vita". Il sogno finisce quando (forse a causa di un’incapacità di adattamento ad una Società verso la quale non erano preparate) si sviluppa un’insensibilità tanto incomprensibile quanto irreversibile al farmaco che ripropone, nuovamente, la triste visione di "statue di sale".

Spesso, tanto nelle tematiche dei racconti "impegnati", quanto nell’immaginario collettivo, affiora la trama "da brivido" che ci porta ad osservare con timore la possibilità di perdere l’efficienza mentale e di assistere al degrado dei nostri "poteri" interiori. Non a caso, una delle patologie più temute è quella della Malattia di Alzheimer.

Riflettiamo per un attimo...

Ogni giorno che trascorriamo su questa Terra, ci mette in condizione di dover rispondere a svariate richieste che creano multiformi situazioni di stress che, da acuto si trasforma, man mano in cronico. A cui, in pratica, non facciamo più caso.

In sostanza, si finisce col fare una serie di cose come se fossimo diventati automi senza più consapevolezza, perdendo contezza, memoria e cognizione. Guarda caso, proprio quello che succede in caso di decadimento cognitivo medio grave.

Da molto tempo gli esseri umani hanno vissuto l’enorme discrepanza fra i potenziali mentali (i cui margini di sviluppo tendono a valori pressoché infiniti) e la propria strutturazione corporea (che più di tanto non si può evolvere...).

È probabile che sia nata da ciò, l’esigenza di immaginare un’anima immortale "costretta" in corpo mortale, che si libera dalle catene solo dopo la disaggregazione atomica di tessuti, organi ed apparati.

Gli esseri umani, da che mondo è mondo, si sono sempre lamentati della brevità della propria vita. Anche coloro che agognano una scorciatoia per uscire da questa valle di lacrime, prontamente si "redimono" sentendo "l’odore" della nobile signora con la falce che tutto livella ed ogni cosa riconduce all’unità eterna.

L’umanità, quindi, da un lato si è attribuita il possesso di una scintilla divina che anima la materia, dall’altro ha cercato di capire come mai (nonostante la propria "parentela" con Dio) fosse costretta alle tribolazioni terrene. A turno, sugli "spalti della verità incondizionata" (quella che non conosce il dubbio, l’assenza del giudizio sugli altri ed il distacco dagli eccessi) si sono affacciati "intermediari divini" che hanno, di volta in volta, descritto la condizione umana come:

  • Illusione (Indù e buddisti);
  • Destino (Greci);
  • Scintilla divina che anima la materia (Manichei e gnostici);
  • Peccato da espiare (greci);
  • Croce da portare (Cristiani);
  • Etc.

 

" Breve e irrevocabile è della vita il corso ma, con i fatti, eternarne il ricordo è concesso!"

 

Alzi la mano chi non ha mai, anche se per un solo momento, pensato di poter lasciare il proprio nome inciso a lettere dorate, nell’almanacco dei fatti del mondo, all’interno della sezione "Persone utili al superamento dell’angoscia legata alle problematicità della finitezza umana ed in grado di agire per lo sviluppo ed il benessere collettivo"

Ricercare il senso delle cose, per non perdersi nel vuoto esistenziale;

Migliorare lo standard qualitativo, affaticandosi meno e non cadere nella mediocrità;

Camminare verso la verità, per non raccontarsi bugie.

Sono queste le indicazioni per incocciare la via del viver bene, nel grande teatro esistenziale di questo 21° secolo, caratterizzato da dicotomie tanto evidenti quanto alienanti, in grado di dividere un concetto in due esatti contrari (ANIMA • CORPO / LEGALITÀ • ILLEGALITÀ / POVERTÀ • RICCHEZZA / CITTADINANZA • SUDDITANZA / IMPROVVISAZIONE • PREPARAZIONE / IDENTITÀ • DIFFERENZE, ETC.).

Ogni essere umano, per poter ottenere il meglio della vita, dopo aver soddisfatto i bisogni primari indispensabili (mettere insieme pranzo e cena, avere un tetto sulla testa, etc.), utilizzando correttamente gli strumenti messi a disposizione dagli ambiti contemporanei, ha necessità di incamminarsi nella direzione di tutto ciò che consente di raggiungere quelle gratificazioni in grado di dare un senso concreto alla propria esistenza (autostima, autoaffermazione, integrazione sociale nel rispetto della tutela della propria identità, autorevolezza, sicurezza ed autoconservazione, riuscire ad amare ed a farsi amare, programmazione ed autorganizzazione, riservatezza, garbo e cortesia, etc.), lasciando il percorso degli aspetti meno maturi (identificazione in modelli scorretti, studio solo per obbligo sociale, competizione con gli altri ed ambizione scorretta, gregarietà, autoritarismo, ricerca di protezione e sicurezza in funzione di altri, autostima in funzione de giudizio altrui, etc.).

In pratica, tutto ciò che rientra nei bisogni necessari allo sviluppo di un’identità corretta e matura, rappresenta una garanzia per raggiungere una sorta di standard di "alta qualità" esistenziale.

Alla luce di ciò, proviamo ad approfondirci sul concetto di Autoaffermazione.

Possiamo dire subito che rappresenta la condizione di chi mira ad esprimere pienamente se stesso (nel rapporto con la propria identità e nei riguardi del contesto ambientale "ristretto" ed "allargato"), la propria personalità (in maniera proporzionale alle proprie capacità introspettive) ed il proprio ruolo (essere umano integrato nel tessuto sociale, come partner, genitore, figlio, fratello, soggetto economicamente produttivo, etc.)

Fin dalla notte dei tempi, l’autoaffermazione (dalla scoperta del fuoco alla realizzazione dei sincrotroni) è sempre stata legata al termine "successo", inteso come esito positivo di un evento risultante da una programmazione accurata ed una esecuzione che tenesse in debito conto, fattori motivazionali adeguati e competenze specifiche di alto profilo.

Anche in questo modo si produce la propria realizzazione.

 

Se fai progetti a breve termine, semina il grano ...vivrai bene per un anno

Se il tuo pensiero va un po’ più in là, pianta un albero...ne usufruiranno i tuoi figli

Se, invece, chiudendo gli occhi, sei in grado di vedere un futuro migliore...allora istruisci un popolo!

 

Siccome il benessere globale di una persona si misura dallo stato di equilibrio metabolico del suo Network psicobiofenomenologico (rapporto fra mente, sistema nervoso, sistema immunitario, apparato endocrino) e dal basso numero di conflitti che albergano nei meandri del proprio animo, possiamo concludere che, il miglior modo di autoaffermarsi consiste nel costruire e raggiungere il proprio successo psicofisico.

Come si fa?

 

Ecco un elenco da appuntarsi.

  • Proteggendosi dalle frustrazioni di ogni giorno (imparando ad assorbirle ed a metabolizzarle).
  • Imparando ad applicare i concetti di adattamento ed integrazione nei confronti delle difficoltà del quotidiano, per vivere in assenza di conflitti permanenti.
  • Operando una gestione corretta del proprio tempo vitale.
  • Riuscendo a donare e ricevere amore, nella giusta misura.
  • Adoperandosi per far valere i propri diritti e riducendo, comunque i rischi di collisioni interpersonali.
  • Costruendo un lavoro che piace.
  • Approntando l’antiacido giusto per riuscire a digerire i fastidi lavorativi, quelli relativi al "gravame" familiare e tutto ciò che deriva dalla difficoltà di impegnare correttamente il proprio tempo libero.
  • Ridimensionando l’attaccamento ai beni materiali.
  • Utilizzando le esperienze di vita vissuta ed acquisendo la capacità di vedere negli errori, un’opportunità per "crescere".
  • Riuscendo a determinare, interiormente, la propria, personale, gioia di vivere e provando a contagiare chi sta vicino.

Per trovare gli algoritmi giusti ed i dati indispensabili per poter ottemperare alle indicazioni summenzionate, si possono consultare tutti gli articoli che portano a spasso, verso un futuro migliore.

 

Molti grandi personaggi, una volta raggiunta la consapevolizzazione degli assurdi sociali, hanno perso mordente nel continuare e, in virtù dello stretto rapporto che esiste fra quello che pensiamo e ciò che determiniamo in noi (grazie alle diffusioni delle emozioni, attraverso il sistema limbico), hanno deciso di terminare anzitempo la loro esistenza terrena, attraverso la produzione di patologie inguaribili.

Per quanto riguarda noi "comuni mortali", ogni tanto, quando entriamo in crisi per aver pensato quello di cui stiamo parlando, creiamo un vuoto di relazioni. Il più delle volte si cerca una strada per continuare a mascherarsi da persone sicure, fino ad arrivare a sistemi come alcol e droghe che servono a stordire i sensi di inferiorità (salvo poi viverli "amplificati" alla fine dell’effetto di questi tossici).

In verità, l’individuo contemporaneo tende a bloccare il dialogo con se stesso, per non sentire il fastidio nei propri confronti, derivante da scarse realizzazioni.

Quale diventa, a questo punto, la strada da percorrere?

Non resta che continuare a puntare su se stessi, imparando a valorizzare sempre meglio le proprie potenzialità inespresse, così da affrontare le proprie debolezze e riuscire, finalmente, a stimarsi e proteggersi.

 

Un grande maestro chiese ai suoi allievi: "Andate nella foresta e riportatemi tutto quello che ritenete inutile". Ognuno di loro tornò con qualcosa: un’erba, una radice, una corteccia. Solo uno studente tornò a mani vuote. Ma proprio lui, venne elogiato dal maestro. Aveva capito che ogni cosa, nella foresta, era utile e che non c’era nulla di superfluo. Quello studente diventò il medico di corte e uno dei grandi rishi dell’Ayurveda.(Tiziano Terzani)

Qual è il senso che possiamo dare alla vita?

 

"Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia!" (Kahlil Gibran)

 

Ad ogni buon conto, l’autoaffermazione, consiste nel "realizzare" se stessi nella maniera corretta, nel rispetto della propria identità, integrandosi correttamente con gli altri, rispettando le leggi sociali non opprimenti e cercando di adeguarsi a quelle non propriamente logiche, ma sapendo anche quali sono le necessità riguardanti i dettami naturali del viver bene.

Affermare se stessi significa porre l’attenzione sul fatto che esistiamo e che possiamo godere della nostra stessa esistenza.

Facciamo un esempio

Se io sto seduto su una poltrona, quanto apprezzerò il vantaggio rispetto allo stare in piedi? Se sto seduto su una poltrona comoda, quanto apprezzerò, consapevolizzandolo, il piacere, rispetto allo star seduti su una poltrona scomoda, oppure su un sedile di pietra?

Non ci si fa attenzione perché, gli esseri umani, vivono rincorrendo degli obiettivi per imitazione, cioè osservano altri esseri umani che, molte volte, sbagliano impegnandosi nella realizzazione di progetti ritenuti corretti e che, spesso, saranno inutili e dispendiosi.

Siamo in grado di riflettere su quello che abbiamo e a cui non si è mai dato peso a sufficienza? Che cosa potremmo perdere? Solitamente si dà valore a qualcosa, quando l’hai perduta o stai per perderla. È molto più sensato, trarne vantaggio prima e, soprattutto, nel "durante".

 

"Per un uomo a piedi scalzi, la felicità è un paio di scarpe. Per un uomo che indossa scarpe vecchie, è un paio di scarpe nuove. Per un uomo che ha scarpe nuove, è un paio di scarpe più belle. E, di certo, l’uomo che non ha piedi, sarebbe felicissimo di camminare scalzo. Misura la felicità con quello che hai, non con quello che ti manca" (Michael Josephson)

Pensiamo, per un attimo, a quanti "sperperano" il limitato tempo a propria disposizione, cercando a tutti i costi di realizzare dei risultati che poco hanno a che fare con ciò che veramente serve all’essere umano: un’abitazione di lusso, un’automobile di tendenza, un lavoro di prestigio, un capitale economico considerevole.

Perché tutto questo è scorretto?

Perché, pur partendo da elementi giustificabili (quali quelli di cercare di migliorare la qualità della propria vita, attraverso, appunto, una casa più comoda, la possibilità di spendere del capitale economico, il viaggiare su una vettura prestigiosa, il vestirsi con abbigliamento di alta qualità) si sconfina in un’illogicità manifesta: cioè per raggiungere questi obiettivi che dovrebbero migliorare la qualità della propria vita, la si peggiora sensibilmente perché si deve lavorare e guadagnare moltissimo (e, a volte, accettare compromessi e "svendere" la propria coscienza) arrivando a stressarsi al punto tale da non riuscire a godere affatto, di ciò che si è prodotto.

C’è poi chi, al contrario, "mette in opera" un sacrificio da formica, criticando aspramente lo scialo da cicala.

Se è vero che la morale della favola "la cicala e della formica", evidenziava l’avvedutezza di quest’ultima nel prepararsi adeguatamente alla stagione invernale, non possiamo fare a meno di pensare che, se la laboriosa formica, durante l’incessante "raccolta" estiva, fosse rimasta vittima di un incidente qualsiasi (ad esempio, rimanere schiacciata sotto la scarpa di qualcuno), non avrebbe utilizzato il frutto di quelle attività che le avevano sottratto la possibilità del vivere "qui ed ora". In pratica, un’estate rovinata ed un inverno non vissuto: che strategia fallimentare!

Alla Formica (Gianni Rodari)

Chiedo scusa alla favola antica

se non mi piace l’avara formica.

Io sto dalla parte della cicala

che il più bel canto non vende: regala

 

Quando ci insegnano che viene prima il dovere e poi il piacere, ci prendono in giro rubandoci una cosa importante: il nostro tempo! Molti persone lavorano come se avessero due vite: la prima per accumulare e la seconda per usufruire dei crediti acquisiti. Di conseguenza, si conduce una vita piena di rinunce per realizzare un sorta di paracadute da utilizzare nei momenti di declino della propria esistenza.

Non sarebbe meglio utilizzare il tempo, da giovani, in maniera matura ed equilibrata (non rinunciando ad esperienze piacevoli) per prepararsi ad una terza età da percorrere passeggiando, senza precipitare negli strapiombi che sono il risultato di depauperamenti organici conseguenti a troppe rinunce giovanili? A queste condizioni non si avrebbe bisogno, nei momenti "critici", di alcun paracadute!

Chi riesce a godere, ogni giorno, del piacere di svegliarsi e ritrovare il piacere di "sentire" il proprio corpo e la propria mente?

Competere con se stessi, per migliorarsi seguendo il proprio passo e sganciandosi dall’invidia e dall’affanno conseguente all’esigenza di superare gli altri "ad ogni costo", porta a costruire quel piacere quotidiano che rappresenta la vittoria giornaliera della vita, quanto di meglio un essere umano possa raggiungere.

Aumentando interesse ed attenzione verso se stessi, porta a ridurre il rischio di infortuni, incidenti ed accidenti di vario genere: questo, ovviamente, rappresenta quanto di più utile si possa realizzare per la propria personalità.

Guardarsi allo specchio e riuscire a dire: "Oggi sono contento di me, di quello che sono e di quello che ho fatto, anche se domani cercherò di fare un po’ di più, migliorandomi", rappresenta il massimo che si può ottenere, e va oltre qualunque gratificazione esterna, a prescindere dal tipo di lavoro che si esegue.

 

"La nebbia si alzò presto, lavoravo in giardino. I colibrì si posavano sui fiori del quadrifoglio. Non c’era cosa sulla terra che desiderassi avere. Non conoscevo nessuno che valesse la pena d’invidiare. Il male accadutomi, l’avevo dimenticato. Non mi vergognavo al pensiero di essere stato chi sono. Nessun dolore nel mio corpo. Raddrizzandomi, vedevo il mare azzurro e le vele" (Czeslaw Miłosz)

 

G. M. - Medico Psicoterapeuta, Counselor

 

Si ringraziano per la collaborazione, Emanuela Governi e Maria Antonella Sparano

 

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