Cari
lettori qualcuno sostiene che il ricordo sia il tessuto più
intimo della propria identità. Senza memoria non avremmo un
passato da cui trarre insegnamento e dovremmo iniziare, ogni giorno,
con le apprensioni della “prima volta”. Al
tempo stesso, le esperienze passate si depositano in memoria alla
stregua del vino che decanta: rimane vivo il meglio di loro, mentre il torbido si deposita sul fondo. L’accortezza, per non soffrire,
consiste nell’evitare di agitare la bottiglia.
Ecco
perchè, quando ritrovo lavori come quello che sto riproponendo
(una “chiacchierata – intervista” del 6 settembre
2003, riveduta e arricchita), trovo giusto riassaporarlo insieme a
voi. Perchè la vita stessa, in fondo, non è un dato
oggettivo ma (e vale per tutti) viene colorata dalle emozioni di ciò
che si ricorda, per poterla raccontare.
Buona
lettura
Caro
dottore, vorrei iniziare questo incontro con una domanda un po’
particolare e preliminare alle altre che ti farò. Tempo fa, io
avevo preparato una tua presentazione che mi hai chiesto di
modificare perchè l’hai considerata un po’ troppo enfatica. In
un’epoca in cui si vive di immagine e di “riflesso”,
saresti disponibile a spiegarmi i motivi della tua scelta?
Ritengo
che la capacità di un corretto esame di realtà passi
attraverso un principio di sana umiltà. Mi ritengo una persona
in itinere
in
ogni senso ma, soprattutto, sul piano
del miglioramento tendente all’equilibrio della personalità.
Dal momento che, ancora oggi, accanto ad aspetti molto sviluppati,
esistono delle carenze che mi portano limitazioni e frustrazioni,
accettare delle presentazioni lusinghiere, significherebbe essere
indotti, a livello inconsapevole, a coltivare quegli aspetti già
sufficientemente positivi, dimenticandosi di inserire elementi
germinativi lì dove c’è bisogno di colmare
lacune.
Ricorda
un po’ l’esortazione esoterica di “Elevare Templi alle virtù
e scavare oscure e profonde prigioni al vizio”...
Ricordo
di aver incontrato questa definizione per la prima volta, da ragazzo,
in un capitolo delle avventure di Corto Maltese (mito
letterario del ’900, ideato da Hugo Pratt) e di essermi
trovato, all’inizio, in disaccordo con la necessità di
“scavare oscure e profonde prigioni al vizio” perchè
mi sembrava l’invito ad una sorta di costrizione autosoffocante.
Immaginavo che ognuno, infatti, con il certosino impegno quotidiano
potesse cambiare completamente il proprio modo di essere.
E
oggi non ne sei più convinto?
La
Scienza ci spiega che, ovunque ci sia traccia di DNA, c’è una
memoria storica. Per quanto riguarda l’essere umano Carl Gustav
Jung ha parlato di un inconscio collettivo (in cui sono allocate
le informazioni che provengono da centinaia di migliaia di anni di
evoluzione) e di un inconscio individuale (che rappresenta la
personalizzazione del calderone dell’umanità) che risente
dell’ambiente e di come noi ci rapportiamo a quest’ultimo. Tutto ciò,
plasma la nostra personalità (che ha “germi potenziali”
dell’intera umanità) e (nei pensieri e nelle azioni) ciascuno
di noi. Mediante quello che impariamo da ciò che ascoltiamo e
osserviamo, costruiamo dei Modelli
Operativi Interni (MOI) del mondo (fisico e sociale) nel quale siamo
immersi e, in particolare, assorbiamo dalle nostre figure di
riferimento. Qualche studioso della materia sostiene che i
condizionamenti più consistenti, provengano da genitori, nonni
e, persino, bisnonni.
A
queste condizioni, a meno di non cambiare radicalmente e
traumaticamente ambiente di vita, finiremo col restare coerenti con
ciò che siamo gradualmente diventati. Questo, qualcuno lo ha
chiamato “coesione dell’Identità”.
Ecco,
dunque, che pensare e comportarsi per evitare di far emergere aspetti
(acquisiti in maniera inconsapevole) retrivi, porta ad utilizzare la
parte migliore, relegando nel sottoscala le paccottiglie ereditarie.
Ed
è per questo che evito di montarmi la testa preferendo essere
molto realista e proporre una visione di me, adeguatamente
equilibrata.
Quella
presentazione, però, era realista perché, tu, hai
spesso risposto ad alcune mie domande di curiosità scientifica
proponendo, attraverso la tua attività di studioso, un
“avanzamento” in termini di riflessioni.
Ti
ringrazio degli apprezzamenti positivi che mi fai. Posso, però,
dirti che quando propongo dei lavori scientifici che mettono in
evidenza il mio grado di istruzione, posso anche accettare che
qualcuno dica che altrove non sono reperibili: in questo caso non è
in discussione la parte formativa - educativa della mia personalità;
quando, invece, parliamo di saggezza, preferisco essere cauto perché
ho molto da migliorare per essere equilibrato: questo è dovuto
al fatto che, in me, coesistono ambiti molto avanzati e reconditi
pericolosi.
E’
molto interessante, per me e per chi altri voglia osservare, come una
persona molto sviluppata come te, con tanta naturalezza affermi che
ci sono delle parti di sé "recondite". A me non è
capitato, almeno fino ad ora, di incontrare persone così
mature.
Sono
"bagni" di realtà e di responsabilità
indispensabili perché io possa crescere sul serio.
A
proposito di realtà, più di una volta tu hai chiarito
cosa s’intende per "accettazione di sé e come si
realizza"; inoltre, nella tua famosa ricetta "del
viverebene", tu parli di "accettazione di sé per
dare e ricevere amore": perché è importante
accettarsi per realizzare l’amore, come scambio tra due
persone?
Perché
il primo atto d’amore è verso se stessi.
L’accettazione
di sé è, quindi, intesa anche come accettazione
dell’altro. E’ in questo modo che si realizza l’amore?
Si.
Quando
si parla di crisi della coppia, di partners che non riescono ad
intendersi, il problema quindi, è che, forse, alla base manca
"l’accettazione"?
Ciò
che è necessario per realizzare un buon rapporto di coppia è
relativo all’accettazione di sé, alla buona valutazione
di sé e all’accettazione dell’altro. Se già
si è soddisfatti e contenti di sé, è più
facile accettare l’altro, nel senso che possono pesare di meno
alcuni suoi aspetti e si è maggiormente disponibili a
dialogare, affinché l’altro si renda partecipe ad un
miglioramento a due.
Facendo
sempre riferimento agli ‘ingredienti di base’ della tua
ricetta, tu parli di "adattamento ai cambiamenti della vita per
metabolizzare le tossine del vivere quotidiano ed integrarsi nella
società": cosa intendi, in generale, per ‘adattamento’
e, poi, nel caso specifico, come si attua senza fastidi?
L’adattamento
riguarda un aspetto dell’adeguamento ad una norma senza subirne
le conseguenze. Esso prevede una flessibilità nella creazione
di nuovi elaborati che ci portano ad equilibri di fronte a
stimolazioni nuove ed impreviste da parte del mondo esterno. Ciò
non può realizzarsi senza fastidi, perché ogni
cambiamento crea il disagio del modificare le abitudini dentro le
quali, di solito, ci
accomodiamo come in un caldo
paio di pantofole d’inverno. La
maturità di ognuno porta a capire l’importanza del far
fronte in maniera sempre migliore alle richieste che ci vengono da
fuori. Se il lavoro è fatto bene, ci porta a diventare
migliori, a durare a lungo ed in buona salute.
Hai
parlato di ‘flessibilità’ in relazione
all’adattamento, naturalmente ti riferisci alla personalità,
quali sono quegli elementi che devono sussistere per parlare di
‘personalità flessibile’?
S’intende
la capacità, acquisita, di rendersi disponibili ad osservare,
capire e accettare le richieste del mondo esterno come opportunità
da cui trarre un vantaggio e ridurre gli impatti negativi che,
comunque, provengono da fuori. Questo può essere rappresentato
con un esempio, facendo un parallelo fra ciò che accade in un
corpo elastico rispetto ad un corpo metallico. Le sollecitazioni su
un corpo elastico, quale potrebbe essere un paraurti di plastica, non
arrecano danno all’oggetto, perché l’energia
cinetica viene dissipata attraverso l’oscillazione delle
molecole che compongono la struttura. In un corpo rigido, quale
potrebbe essere un paraurti in acciaio, l’energia cinetica
procura una deformazione dell’oggetto, perché i legami
tra una molecola e l’altra sono rigidi e vengono ad essere
interrotti dall’urto. Nel primo caso, abbiamo un adattamento,
senza troppi scombussolamenti, nel secondo caso avremo un mancato
adeguamento ed una non possibile sopravvivenza.
Quindi,
il paraurti d’acciaio, per come è strutturato, non è
malleabile.....
No,
non lo è.
In
base a ciò che hai spiegato, è possibile, quindi, che
maggiore è la capacità di adattamento, meno difficile e
doloroso è l’impatto con le difficoltà della
vita?
Si,
si. Queste due cose stanno in rapporto direttamente proporzionale.
Conviene,
quindi, adoperarsi per riuscire ad avere una personalità
flessibile...
Conviene,
soprattutto, osservare il vantaggio e la maggiore facilità di
integrazione che, le persone flessibili che sono quelle che non
subiscono, hanno rispetto alle persone più rigide. Da questo
traiamo spunto per costruire delle motivazioni che ci inducano a
cambiare, diventando più elastici.
Ignorare,
per esempio, un gesto aggressivo da parte di una persona o nei nostri
confronti o in un determinato contesto, a cui si partecipa e
osservarne, invece, gli aspetti positivi, significa avere una
personalità flessibile?
Noi
possiamo notare aspetti positivi in conseguenza della flessibilità,
perché questa disposizione caratteriale, che è sempre
conseguente ad elaborati di pensiero e, quindi non è genetica,
ci consente di smaltire l’energia aggressiva ricevuta dal mondo
esterno, così da non rimanere condizionati e continuare a
riflettere in maniera positiva riuscendo ad osservare tutto quello
che funziona.
Perché
è importante un lavoro per la propria realizzazione personale
e in base a quali parametri si può parlare di "attività
lavorativa gratificante"?
Perché
un lavoro ci consente di essere utili a noi stessi e alla Società
in cui viviamo e ci dà la possibilità di aumentare
l’apprezzamento che ognuno ha nei propri confronti e che va
sotto il nome di autostima. Ci sentiamo partecipi di un’operosità
collettiva che porta a migliorare il contesto e sogniamo, magari, di
lasciare una traccia nella storia, dando un senso positivo
all’esistenza e restando da esempio anche ai nostri figli. Per
essere "gratificante", un lavoro deve poter portare dei
vantaggi anche all’ambiente circostante; quindi, tutto quello
che può contribuire a raggiungere quest’obbiettivo è
gratificante. Tanto più svolgiamo un’opera che non ci
danneggia, non ci usura e che porta beneficio, tanto meglio riusciamo
ad ottemperare ai requisiti che, poi, sono dettami delle leggi di
natura, di durare nel tempo nella maniera migliore.
Cosa
bisogna coltivare ogni giorno nella propria esistenza per sentirsi
paghi e per "vivere" la frase "la vita è una
cosa meravigliosa"?
Il
divertimento. Per potersi divertire è necessario fare
qualcosa che ci tenga lontano dalle preoccupazioni, ci impedisca di
annoiarci e ci faccia sperimentare il "bambino" che è
in noi nella ricerca di novità.
Noi,
come bambini curiosi, interessati alle scoperte, alle conoscenze...
Partendo
da qui, tutto è possibile: amare meglio se stessi, amare un
compagno, un figlio, realizzarsi in un lavoro e qualsiasi altra cosa
si pensi di attuare.
M.C.
& G.M.
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