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Il male di vivere
di Mariano Marchese  ( marianomarchese1@gmail.com )

6 aprile 2004

Durante il medio evo una malattia, allora sconosciuta quanto temuta, ha mietuto milioni di vite umane, dalle verdi praterie irlandesi alle sponde del Volga eguale era il rischio di contrarla: si trattava della peste, un morbo che non guardava in faccia nessuno e non risparmiava nessuno tra mille sofferenze ed atroci dolori! Ai nostri giorni, invece, si vive di paura a causa di un altro terribile quanto oscuro male: "il male di vivere". E mentre la prima straziava i corpi, il secondo annichilisce le anime siamo nel terzo millennio, il millennio della civiltà eppure si muore di questo: si muore di angoscia e paura! Paura dell'oggi ma, soprattutto, del domani che, inesorabile giunge per riproporci un oggi collocato diversamente solo in termini temporali. E', in effetti, triste la realtà del quotidiano: siamo accerchiati dall'insoddisfazione permanente di quanti non hanno il posto di lavoro agognato, seppure, e sono pochi, abbiano faticato per ottenerlo. Siamo circondati dall'insoddisfazione di chi, pur tra mille raccomandazioni e senza stenti occupa un posto immeritato e non sudato, pretende di più perché reca seco un cognome altisonante. Siamo accerchiati da servizi che non funzionano e per i quali ci tassano puntualmente in nome di una presunta efficienza crescente. Siamo accerchiati da uomini che hanno unilateralmente deciso che il loro unico e redditizio lavoro debba essere... quello degli altri!Quello di colui il quale se, malauguratamente, dovesse rifiutarsi, verrebbe inesorabilmente colpito da una mentalità e da una mano mafiosa.
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...È vero ed incontrovertibile che la realtà che siamo costretti a vivere, ed in taluni casi a sopportare, sia viziata da mille difficoltà ma è ora di cambiare iniziando da dentro. Troppo spesso ci si dimentica che dentro di noi si muove un universo in miniatura e che da noi dipende il suo regolare funzionamento. Perché, allora, angosciarsi per quello che succede intorno a noi dimenticandoci di noi stessi? Ritengo che tutti dobbiamo rivolgere la massima attenzione al nostro mondo interno, perché solo avendo un continuo dialogo con questo, potremo costruire un buon rapporto con il mondo esterno, riuscendo a non rimanerne inquinati. A riprova di ciò si riporta un passaggio del grande Platone il quale, a tal proposito, scriveva nei suoi dialoghi che " la libertà consiste nell’essere padrone della propria vita e nel fare poco conto degli altri e dell’altro che ci circonda (...) " ed inoltre esortava gli uomini a praticare una vita umile sostenendo che "Se non desidererete molto, anche le piccole cose vi sembreranno grandi". Il pensiero di Platone rappresenta una bella lezione di vita che ci viene dal passato ma che ben si adatta ai nostri giorni, che troppo spesso sono da noi spesi ad inseguire chimere. Solo coltivando ciò che di positivo vi è in ognuno di noi costruendo, così, una personalità corretta, potremo raggiungere gli obbiettivi che ci siamo posti riuscendo, così, a superare le mille difficoltà che si interporranno tra noi e la meta finale. lavorando su noi stessi, inoltre, ci renderemo più forti dentro, più preparati ad affrontare la vita che, contrariamente a quello che si pensa, non è facile per nessuno, chi per un verso chi per un altro. Lavorando su noi stessi non avremo bisogno di stordirci in discoteca e non avremo bisogno di ricorrere ai superalcolici per allontanare un problema che, puntualmente, si riproporrà non appena i fumi dell’alcool saranno dissipati. Aristotele scriveva: "vivere bene è meglio che vivere" ed a coloro che aspettano la cosiddetta "manna dal cielo senza industriarsi" sarebbe il caso di dire, ricorrendo ancora ad Aristotele, che "la speranza è un sogno fatto da svegli " e che "la felicità perfetta altro non è che la pratica abituale di ciò che siamo dentro; per cui, se nulla siamo, infelici saremo; se molto siamo, sia pur tra mille difficoltà, felici saremo!"

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